Forse avrei dovuto iniziare da cosa non era, o da cosa non ci avresti trovato: Shift non era lineare, non era estremamente preciso, men che meno largamente razionalizzato.
Portava un messaggio con sè iniziato nei due lavori antecedenti e sviluppato con qualche cm e materiale in più.
Pensavo alla teoria del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
A quell'acqua ai miei occhi stantia e a quel bicchiere da svuotare.
Pensavo all'attenzione nel preparare tavole che a volte dovremmo soltanto ribaltare.
Pensavo al dialogo, all'aspettativa delle loro parole sulle nostre labbra.
Dialogo o ripetizione?
Valutazione alla capacità mnemonica o alla comprensione ed elaborazione?
Shift aveva radici profonde e fiori pronti a sbocciare.
Era saper dire no e imparare a dire basta.
Riconoscerne la differenza e l'occasione.
Era non aspettare il consenso, non ricercarlo, e a volte biasimarlo.
Comprendersi e amarsi, anche spezzati.
Cancellare uno sbaglio mai commesso, scusarsi
con se stessi prima che con gli altri.
Nello zodiaco e nell'astrologia occidentale ero un segno d'acqua.
La nebbia, microscopiche goccioline d'acqua sospese nell'aria.
Le nuvole, vapore condensato e cristalli di ghiaccio.
La pioggia, la neve.
L'acqua era l'elemento centrale di tutti, e non quasi, i miei lavori.
Il tassello mancante di Shift, il tocco finale