La pittura era uno specchio tra inconscio e subconscio, una linea di sguardi, una medaglia di mani.
Le parole, le nuvole che al mattino continuavo a rincorrere.
Mi affiancavano di notte sul cuscino, si infilavano nei sogni; nei volti, nei colori, nei fotogrammi, nelle immagini surreali.
In momenti coniati su sassi, lanciati per seguirne il rimbalzo.
Parole vicine, afferrate, che al mattino volavano via tra fumi e vapori.
Entravano nelle giornate come un'onda tiepida, prima sulla schiena e poi tra i piedi.
Bloccate in mezzo centimetro di fessura tra la scanalature di quel labirinto.
Si distribuivano in forme e colori lasciando nella mente briciole di pensieri in bianco e nero.
Maghi di noi stessi, schioccavamo le dita tra sapore di incensi e sentieri inespressi.
Polvere e poi scintille, tra sogni e malachite.