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© 2024 by Graziana C. Pantaleone.
Ogni tanto mia nonna mi diceva: "Boh, sei strana."
E io ridevo, ridevo tantissimo.
Mi apprezzava, ma il più delle volte non mi capiva.
Non eravamo il giorno e la notte, eravamo letteralmente mondi diversi.
Per me essere strana era un complimento, forse uno dei più belli, per questo mi faceva sorridere. Spesso lo usavo anche per complimentarmi con gli altri ma avevo notato che per la maggior parte della gente essere strani aveva una connotazione quasi denigratoria.
Perchè?
Il dizionario diceva: difforme dal consueto o dal normale, sì da suscitare perplessità, sorpresa o anche singolare interesse e curiosità.
Cosa ci vedevano di sbagliato?!
Era singolare, una bellezza a mio parere, propria di un singolo individuo.
Ricordo la nostra conversazione, era passato molto tempo.
Non avevo cambiato opinione, e ti assicuro di averci provato a contaminare quello che di sbagliato avevo intorno, ma la vita era anche quello: accettare i percorsi diversi, le esperienze e le lezioni affidate ad ognuno di noi.
Avremmo potuto indicare la strada, seguirli, sorreggerli, o tenerli per mano.
Ma noi avevamo il nostro cammino da percorrere, e non avremmo dovuto trascinare nessuno.
Chi avrebbe voluto ci sarebbe rimasto accanto, senza pretesa o esitazione.
E viceversa.
Avevo una costellazione sulla schiena, somigliava al grande carro e a quella del mio segno zodiacale.
Mi chiedevo se l'avessi mai notato.
Tu che amavi le stelle e i dettagli.
Tu che parlavi di felicità sfiorandone la pelle.
Mi chiedevo dove mi avrebbero condotto quei puntini se li avessi lasciati fare, se li avessi ascoltati.
Ricordi quando dicevo di stravolgere tutto?
La poesia di Pedro Salinas, "Io ti voglio, sono io."?
Per la prima volta ero felice di aver preso le mie parole, di aver schioccato le dita, e di averle rese realtà.
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